Come stanno i giovani | febbraio 2025
1️⃣ Quasi la metà dei giovani in Italia sente una disconnessione tra vita online e offline: divisi tra la continua esposizione in una vetrina che ci vuole poco vulnerabili e la fatica del mondo reale, come si trova un equilibrio?
2️⃣ Lo European Youth Forum ha pubblicato da poco un report su quanto i programmi Erasmus+ ed ESC rispondano alle esigenze dei giovani e alle sfide della società civile giovanile: ve lo raccontiamo!
3️⃣ Di cosa parliamo davvero quando parliamo di intergenerational fairness (equità intergenerazionale)? Dal primo Commissario Europeo con questo portfolio, alle necessità reali delle nuove generazioni, vi raccontiamo cosa si muove.
Stabilire un equilibrio tra vita fisica e digitale
di Ilaria Bernabei
Un recente progetto portato avanti da Lenovo in occasione del Safer Internet Day evidenzia come il 75% dell- giovan- senta il bisogno di avere conversazioni più profonde nella vita reale. La comunicazione online sta pian piano prendendo il posto delle classiche chiacchierate faccia a faccia - scrivere un messaggio è forse più semplice che guardare una persona negli occhi?
Il secondo martedì del mese di febbraio si celebra il Safer Internet Day - la giornata mondiale per la sicurezza in rete - promossa dalla Commissione Europea. Gli obiettivi riguardano la sensibilizzazione dell- ragazz- ad un uso più consapevole di internet e al ruolo attivo di ciascun- nella realizzazione di un luogo sicuro. L’11 febbraio Lenovo ha lanciato in Italia la campagna “Meet your digital self” per evidenziare i possibili risvolti positivi che le tecnologie potrebbero apportare in risposta alle nuove sfide. A tale proposito, il progetto ha ideato due avatar rappresentanti dell- giovan- capaci di avere dialoghi reali. L’esperimento consisteva nel facilitare una serie di conversazioni profonde tra i partecipant-, i propri cari e gli avatar - ponendo domande agli avatar, i membri della famiglia sono riusciti a comprendere il mondo online del partecipante della Generazione Z, fino ad ora non accettato o incompreso. Ciò mostra l’impatto positivo di una tecnologia nel processo di comprensione dell’altro e una successiva riconnessione nella vita reale. Tuttavia, il dato allarmante è la progressiva e evidente difficoltà nel gestire un confronto tra individui e la mancanza di ascolto empatico. Infatti, durante la campagna, tra gli intervistat- della Gen Z più di un terzo testimonia come sia più facile esprimersi online rispetto che offline.
Contribuire al confronto sulle nuove sfide evidenziate dalle nuove generazioni significa sviluppare gli strumenti per stabilire un equilibrio tra la performance sui social media e il soggetto reale che sta dietro. Il termine onlife coniato da Luciano Floridi sintetizza a pieno la dimensione in cui siamo tutti immersi - una permanente relazione tra virtuale e reale. Secondo un nuovo studio frutto di una collaborazione tra Telefono Azzurro e BVA Doxa, il 45% dell- giovan- tra i 18 e i 28 anni percepisce una disconnessione tra la vita online e quella offline. Frequenti sono i disagi legati all’ansia, frustrazione, solitudine e incapacità relazionali. In particolare l’utilizzo dei social media comporta implicazioni significative dal punto di vista psicologico e sociale - aumentano i pericoli legati all’interazione online, i casi di dipendenza e l’impatto negativo sull’autostima. Emerge poi il ruolo fondamentale che i genitori hanno nella crescita e nella formazione dei minori nell’era digitale - il contrasto alle fake news e l’age verification sono tra gli strumenti evidenziati per garantire una maggiore sicurezza.
Ne consegue una prospettiva secondo cui il mondo virtuale non costituisce di per sé una realtà completamente positiva o negativa - presenta infatti limitazioni e potenzialità che dipendono dalle modalità con cui l’individuo se ne serve. Rimane però innegabile una difficoltà generazionale nello stabilire un equilibrio tra vita fisica e digitale - siamo sempre più sopraffatti da mille stimoli e continuamente esposti in una vetrina che ci vuole poco vulnerabili e molto sicuri di noi. Perciò, una maggiore consapevolezza delle varie dinamiche digitali in cui siamo immersi costituisce un primo passo importante. Il mondo virtuale permette di amplificare parole, emozioni o fragilità - è necessaria però una rete di supporto esterno che possa accompagnare i più giovan- e non. Le possibili strade riguardano prima di tutto una collaborazione tra generazioni - è essenziale un’educazione digitale efficiente che possa guidare gli educatori nel mondo della rete in modo consapevole. Inoltre, non ci stancheremo mai di dirlo, ma iniziative di promozione della salute mentale e servizi di supporto psicologico accessibili a tutt- aiuterebbero a non reprimere le proprie emozioni e combattere ogni tipo di disagio.
Cosa fanno Erasmus+ ed ESC per i giovani e le organizzazioni giovanili
di Albiona Jashkuri
Lo European Youth Forum ha pubblicato di recente un report che analizza l'esperienza delle organizzazioni giovanili nei programmi dell'UE per i giovani, Erasmus+ e European Solidarity Corps, al di là della valutazione intermedia della Commissione europea. Il report è lo specchio di una prospettiva giovanile sulle discussioni in corso riguardo alla valutazione intermedia dei programmi di finanziamento dell'UE, concentrandosi su quanto queste iniziative rispondano davvero alle esigenze dei giovani e alla realtà della società civile giovanile. Analizzando l'implementazione di questi programmi, il report racconta opportunità e sfide per le organizzazioni guidate dai giovani e il loro ruolo nel rafforzare gli spazi civici giovanili, fornendo preziosi spunti per le negoziazioni sul futuro dei programmi.
Metodologia dello studio
Lo studio si basa su un’analisi approfondita dello European Youth Forum, che integra diverse fonti e strumenti di ricerca, tra cui:
Revisione della letteratura sui programmi giovanili dell'UE, per comprendere la loro evoluzione e il loro impatto.
Analisi dei dati provenienti dai risultati delle piattaforme di Erasmus+ e ESC, per valutare concretamente gli effetti di questi programmi.
Un questionario online somministrato a 73 organizzazioni giovanili e Consigli Nazionali della Gioventù provenienti da vari paesi dell'UE.
Due focus group che hanno coinvolto 36 giovani, di cui 25 da organizzazioni internazionali giovanili (INGYOs) e 11 da organizzazioni che lavorano con giovani in situazioni di svantaggio (YPFO).
Cosa si intende per Youth Organisations e Youth Civil Society?
Per comprendere meglio e valutare l'efficacia dei programmi giovanili dell'UE nello spazio civile giovanile, è essenziale partire dal significato che hanno davvero i termini che usiamo. Non esistono però definizioni ufficiali univoche in questo contesto. In questo articolo, ci si riferisce alle definizioni proposte dall'European Youth Forum e dal Consiglio d'Europa:
Youth Organisations: “enti non a scopo di lucro, gestiti democraticamente dai giovani e basati su partecipazione volontaria e attiva”. Questo riconosce che la rappresentanza democratica e la leadership giovanile sono essenziali per tali organizzazioni, supportando il diritto dei giovani alla libertà di assemblea e associazione, come definito dalla Convenzione Europea dei Diritti Umani.
Youth Civil Society: in senso più ampio, “organizzazioni diverse da quelle private o pubbliche il cui focus esclusivo è sui giovani". Questo include le organizzazioni giovanili e altre organizzazioni della società civile focalizzate sui giovani, anche se non gestite direttamente dai giovani, nonché organizzazioni della società civile (come quelle ambientali).
Quando parliamo di società civile in un contesto più ampio, facciamo riferimento a una rete di associazioni e iniziative volontarie che consentono ai cittadini di partecipare attivamente alla vita sociale, politica ed economica. Tali organizzazioni svolgono un ruolo cruciale nell'offrire uno spazio dove i giovani possano contribuire attivamente alla definizione del futuro delle loro comunità e dell'Europa intera.
Numeri e bilanci
Il report sul tema evidenzia un impatto positivo sostanziale nello spazio civico giovanile. Secondo i dati raccolti, il 71% dei partecipanti a Erasmus+ ha riferito di aver acquisito una maggiore consapevolezza sulla cittadinanza europea, mentre il 67% dei volontari del Corpo Europeo di Solidarietà ha dichiarato che le loro esperienze hanno arricchito la loro comprensione della responsabilità sociale e della solidarietà.
Nonostante i successi dei programmi, persistono però diverse barriere che ne limitano l'accesso e l'impatto:
Complessità amministrativa: le procedure di candidatura sono difficili, soprattutto per le organizzazioni giovanili più piccole, che faticano ad affrontare la burocrazia europea.
Carenza di finanziamenti: solo il 25% delle organizzazioni giovanili ritiene che i fondi siano sufficienti, limitando la portata e la sostenibilità dei progetti, soprattutto in aree svantaggiate o per gruppi marginalizzati.
Mancanza di legislazione chiara: la definizione poco chiara di "Youth Organisations" e "Youth Civil Society" crea confusione riguardo a quali organizzazioni possano ricevere fondi, aprendo la porta anche a attori privati che fanno uso delle - già poche - risorse destinate alle organizzazioni giovanili.
Declino dei finanziamenti per la cooperazione a lungo termine: con la maggior parte dei fondi destinati a iniziative di sviluppo individuale, riducendo l’efficacia delle reti giovanili durature. Questo risulta particolarmente evidente sia nel programma Erasmus+, una situazione analoga si verifica anche nell’ESC, che presenta disparità tra i finanziamenti dei progetti di Volontariato e quelli di Solidarietà.
Al fine di garantire una società civile sana e uno spazio civico, elementi essenziali per una democrazia funzionante, occorre implementare una strategia che affronti i problemi esistenti, per poter continuare a promuovere così la partecipazione attiva dei giovani come obiettivo centrale della prossima strategia europea per la Gioventù e dei programmi europei dal 2028.
Cos’è davvero l’Intergenerational fairness di cui l’Unione Europea parla
di Federica Nestola
Pochi giorni fa, l’Unione Europea ha avviato il processo per la creazione di una strategia per l’equità intergenerazionale, un tema che, se affrontato seriamente, può cambiare il modo in cui vengono prese le decisioni politiche. Ma perché questo principio non resti solo un concetto astratto che fa like e applausi virtuali, bisogna superare un ostacolo fondamentale: garantire che il coinvolgimento dei giovani non sia solo sporadico, ma continuo e strutturato.
Speriamo non sia un coinvolgimento di facciata
Negli ultimi anni, il dibattito sull’equità tra generazioni ha preso piede, ma troppo spesso il coinvolgimento dei giovani nelle decisioni politiche è stato simbolico. Forum, consultazioni, eventi dedicati: strumenti utili, ma che rischiano di ridursi a momenti isolati senza un reale impatto sulle politiche pubbliche. Forse partiamo prevenuti, ma il rischio è che i giovani diventino spettatori di un dibattito che li riguarda direttamente, ma che continua a essere dominato da chi non vivrà le conseguenze delle scelte prese oggi.
L’equità intergenerazionale non significa solo ascoltare le nuove generazioni di tanto in tanto. Significa creare un sistema in cui gli interessi di chi verrà dopo siano parte integrante di ogni decisione. In questo senso, non basta organizzare eventi o dare spazio a voci giovani nei momenti di crisi. Serve un cambiamento strutturale nel modo in cui vengono elaborate e valutate le politiche pubbliche.
Dare un peso reale al futuro nelle decisioni di oggi
L’equità intergenerazionale riguarda questioni concrete: cambiamento climatico, sostenibilità del debito pubblico, pensioni, gestione delle risorse naturali, modello economico su cui si basa il nostro sviluppo e mille altre cose ancora. Sono tutte scelte che hanno un impatto diretto sulle generazioni future, eppure vengono spesso affrontate con una visione a breve termine.
Un esempio evidente è la crisi climatica: i governi parlano di transizione ecologica, ma le politiche spesso riflettono ancora logiche del passato, rinviando le decisioni più difficili a quando probabilmente saremo già sommersi. Lo stesso vale per il sistema pensionistico, il mercato del lavoro e gli investimenti in istruzione, ricerca e innovazione. Questi temi non possono essere affrontati con misure tampone o con la speranza che saranno le generazioni future a trovare una soluzione, perché è già troppo tardi.
Strumenti concreti per una vera equità tra generazioni
Per passare dalle parole ai fatti, servono strumenti che rendano il principio dell’equità intergenerazionale parte del processo decisionale. Alcune soluzioni possibili:
Valutazione dell’impatto generazionale delle politiche: ogni nuova legge o misura economica dovrebbe essere accompagnata da un’analisi chiara sulle conseguenze a lungo termine.
Rappresentanza reale nei processi decisionali: non basta dare voce ai giovani nelle consultazioni pubbliche o in dialoghi di qualche ora e due o tre reel, bisogna prevedere meccanismi che garantiscano la loro presenza costante nei luoghi in cui si prendono le decisioni, a livello locale, nazionale ed europeo.
Meccanismi di bilancio orientati al futuro: ripensare la gestione delle risorse pubbliche, evitando che il peso del debito e della spesa corrente ricada in modo sproporzionato sulle generazioni future.
Non una questione di giovani, ma di giustizia
L’equità intergenerazionale non è un favore fatto alle nuove generazioni, ma una questione di giustizia e di responsabilità politica. Creare un sistema più equo tra generazioni significa costruire una società più stabile, sostenibile e meno vulnerabile sotto tantissimi livelli differenti, dalla salute - soprattutto mentale - alla possibilità reale di costruirsi una vita dignitosa per davvero.
Per farlo, serve un cambio di prospettiva: smettere di trattare il futuro come qualcosa di astratto e iniziare a considerarlo come parte già troppo ingombrante delle decisioni di oggi.
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